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Genere: storico - Anno: 1966 - Giudizio: stupendo (***) - Età: Per tutti

IL MARTIRIO DI SAN TOMMASO MORO, PATRONO DEI POLITICI
Il re d'Inghilterra Enrico VIII con l'Atto di Supremazia si autoproclama capo della Chiesa di Inghilterra; si opporranno solo il Cancelliere del Regno Tommaso Moro e l'arcivescovo John Fisher, entrambi decapitati, e tre monaci che saranno squartati vivi

Questo splendido film vincitore di 6 Oscar (tra cui: miglior film, migliore regia, migliore attore protagonista, miglior sceneggiatura), pone una cruciale problematica: che cosa realmente siamo? O meglio che cosa fa di noi stessi..."noi stessi"?
Al di là della nostra quotidiana esperienza di vita fatta di lavoro, amicizie, affetti, successi e fallimenti, esperienza soggetta al mutare delle maree del tempo, c'è un qualcosa che non saremmo mai disposti a fare, anche di fronte alle più sfrenate possibilità di arricchimento, successo, potere? Riusciremmo a dire "NO!" qualora sentissimo che la parte più profonda e nobile di noi stessi sarebbe irrimediabilmente violentata dal nostro svenderci? Abbiamo veramente dentro di noi un qualcosa di immutabile, geneticamente non programmato per adattarsi e sopravvivere sempre e comunque? E, soprattutto, se così non fosse, se fossimo veramente in grado di essere indefinitamente modellabili alle esigenze dettate dal nostro ego, alle pressioni che subiamo dall'esterno, alla nostra ingordigia o timore, potremmo ancora dire di avere una nostra identità?
Quel vero Uomo e vero Santo che fu Tommaso Moro ci avrebbe a questo punto parlato di quel bene supremo che sopra ogni altro l'uomo deve conservare con la massima cura: l'Anima. Ma noi viviamo nel progredito ventunesimo secolo, siamo alfieri della secolarizzazione e riteniamo questi argomenti quisquiglie da prete... o forse no?
Inghilterra 1528. Il Cardinale Wolsey riveste la carica di Lord Cancelliere in nome di Sua Maestà Enrico VIII.
Siamo alla vigilia di quell'infame Atto di Supremazia con il quale il Re si autoproclamerà capo della Chiesa di Inghilterra, ponendo in essere quella frattura tra mondo Anglicano e mondo Cattolico che ancora oggi, a distanza di quasi cinque secoli, rappresenta una delle più drammatiche rotture nell'Occidente.
L'esigenza di avere un erede maschio, che la moglie Caterina non sembra volergli generare, e l'essersi invaghito di Anna Bolena, dama di compagnia della moglie, spingono il Re a richiedere un secondo annullamento del matrimonio. In precedenza aveva già ottenuto la nullità di un precedente matrimonio, ma il Re sostiene che il Papa non avrebbe dovuto acconsentire in quella occasione e quindi dovrebbe dichiarare ora la nullità del matrimonio, ma il Papa stavolta non glielo concede. È la rottura.
Questo Re, artefice di una politica disinvolta e senza scrupoli, dedito alla lussuria, alla baldoria, alla caccia nonché buon musicista, obbliga i vescovi a giurargli fedeltà in qualità di nuovo capo della chiesa. Solo l'arcivescovo Fisher gli si opporrà e sarà decapitato come traditore. Nobili ed ecclesiastici comprendono l'antifona e si piegano al giuramento, eccetto tre monaci che saranno impiccati e, poco prima di morire soffocati, squartati vivi.
Nel contempo, anche per le abili manovre ordite a suo danno dal verminoso Cromwell, il Cardinale Wolsey cade in disgrazia. Si esige la nomina di un nuovo Cancelliere. Ma chi scegliere?
Il Re pone la sua incondizionata fiducia su Tommaso Moro, membro del Consiglio, avvocato, uomo dalla limpida reputazione, fedelissimo alla Corona e irremovibile nel suo essere Cattolico.
Tommaso è amico personale di Enrico VIII e il Re ricambia questa amicizia che considera assai preziosa. Egli vede in Tommaso un uomo giusto e onesto, privo di quella smania di far carriera che affligge tutti i membri della Corte. Lo reputa uomo di intelletto eccelso, pensatore profondo e acuto. Ma, forse, non è in grado di valutarne fino in fondo l'onestà e la profondissima Fede cattolica.
Quando Tommaso viene interrogato dal Re sulla legittimità o meno della sua nuova unione, il Lord Cancelliere si batte abilmente sul campo della dialettica, la cui arte ha imparato nelle aule dei tribunali, in modo da risultare sì elusivo, ma inattaccabile sul piano della logica. Il Re è chiaramente insoddisfatto, ma non può nulla. Mente a Tommaso, dicendogli che lo lascerà fuori da questa faccenda e richiedendo poi un secondo giuramento che verte proprio sulla legittimità del matrimonio con Anna Bolena.
Tommaso rinuncia, tra lo sconcerto generale, alla carica di Lord Cancelliere, perdendo così fama, gloria e ricchezze. Si ritira nella sua modesta casa di campagna e spera che il suo bassissimo profilo ed il suo "silenzio pubblico" lo tengano lontano dagli artigli del Re.
Ma, come dice giustamente il perfido Cromwell: "Il suo è un silenzio che assorda, tanto rimbomba per tutta l'Inghilterra".
Cromwell, coadiuvato dallo scialbo Richard Rich, sedicente amico di Tommaso, architetta una serie di infamanti accuse per corruzione volte a spedire Tommaso nella Torre di Londra ove si spera egli cambi idea o, perlomeno, muoia senza troppo scalpore.
In effetti l'antagonista morale di Tommaso risulta proprio essere, più che il Re, Richard Rich, il quale sembra essere provvisto di tutte le virtù di Tommaso rovesciate. È una banderuola al vento, impaurito, sprovvisto della minima traccia di volontà e moralità, sbiadito come un acquerello di poco prezzo, smanioso di entrare nelle grazie di qualche potente solo per potere oziare come un parassita: non è propriamente perfido, ma solo perchè non ha neppure i numeri per fare il malvagio. Tommaso si difende abilmente e le pretestuose accuse cadono.
Ma grazie a false testimonianze egli viene accusato di tradimento e condotto nella Torre. Potrebbe ancora pagarsi il biglietto di uscita svendendo la propria coscienza e giurando, ma non lo fa.
Ora non possiede più nulla, tranne la vita: offre anche questa, con il consueto coraggio, in nome della propria Fede.
Affronta il processo farsa, ma alla fine, sapendo di non avere più nulla da perdere, rompe il suo lungo silenzio e condanna apertamente l'operato del Re. Infine con il suo tipico senso dell'umorismo dice a Richard Rich, ripugnante traditore, artefice del suo tragico destino, che sfoggia orgogliosamente il medaglione di Governatore del Galles: "Gesù disse che non valeva la pena dannarsi l'anima in cambio del mondo intero... ma per il solo Galles...".
Viene condannato alla decapitazione.
Perdonerà i suoi accusatori e ringrazierà il boia che "gli aprirà le porte dei Cieli".

Francesco Natale
Fonte: RagionPolitica, 6 febbraio 2004

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