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Quali sono le premesse storiche del massacro degli Armeni di cent'anni fa? Nel 1908 nell'Impero Ottomano si afferma il governo dei cosiddetti Giovani Turchi, formato da Talat Pascià, ministro dell'Interno, Djemal Pascià, ministro degli Esteri ed Enver Pascià, ministro della Guerra. La volontà di eliminare i sudditi armeni che vivono da secoli nell'impero è parte di un piano più ampio di ingegneria sociale (oggi si direbbe anche di «pulizia etnica») che i Giovani Turchi intendono realizzare per costruire un'identità nazionale turca la quale, proprio per affermarsi, deve eliminare come «estranee» le popolazioni non turche. I piani di sterminio sono anche funzionali a un disegno geopolitico teso a creare uno spazio pan-turco.
A fine marzo del 1915 i Giovani Turchi decidono di porre fine alla «questione armena», all'ombra della Grande Guerra. Viene così istituito un braccio militare esecutivo per l'eliminazione degli armeni: l'Organizzazione Speciale. Il genocidio ha inizio il 24 aprile 1915, quando a Istanbul viene arrestata l'intera intelligentsia armena, più di mille persone tra scrittori, docenti universitari, insegnanti, artisti e liberi professionisti. Nessuno di loro farà ritorno a casa. L'intera popolazione maschile armena viene chiamata alle armi, disarmata e sistematicamente eliminata. Segue quindi la deportazione, ad opera dell'Organizzazione Speciale, di tutti gli armeni, compresi vecchi e bambini, verso i deserti della Siria: sono le terribili «marce della morte». Caratterizzate da uccisioni di massa, mutilazioni, stupri, torture, conversioni coatte.
Arrivati a destinazione, i sopravvissuti vengono uccisi. Almeno un milione e mezzo le vittime, mentre un altro mezzo milione di armeni è costretto alla diaspora in vari Paesi. Il 24 maggio 1915 Francia, Gran Bretagna e Russia sottoscrivono una dichiarazione congiunta che condanna i massacri degli Armeni in corso e accusa la Turchia di «crimine contro l'umanità e la civiltà». Oggi soprattutto la Francia sembra aver conservato la stessa sensibilità, al punto che nel Paese transalpino la negazione del genocidio armeno è ritenuto reato, alla pari della negazione del genocidio degli ebrei.
Oggi l'Armenia, Repubblica indipendente da 23 anni, affrancata dal dominio sovietico, conta tre milioni di abitanti in un territorio esteso come la Lombardia: solo una piccolo parte rispetto alla Grande Armenia di qualche secolo fa. Vanta una delle più floride culture del mondo antico, con una storia ricca di fascino, che affonda le radici nella tradizione biblica del Diluvio universale. Proprio alle pendici del monte Ararat, sulla cui cima si era arenata l'Arca di Noè, nel VII secolo avanti Cristo si formò infatti il popolo armeno. Ancor oggi il monte Ararat (pur in territorio turco) è un richiamo simbolico fondamentale per l'Armenia, che nel 301 dopo Cristo divenne il primo Paese al mondo ad adottare il Cristianesimo come religione ufficiale. La Chiesa armena, tra le più antiche, anche se separata ha sempre mantenuto buoni rapporti con Roma; e una sua costola nel XVIII secolo è entrata a far parte della Chiesa cattolica. Nella mostra romana, una sezione è dedicate alle croci che costellano la storia armena: croci sempre fiorite, che germogliano. A testimoniare che la sofferenza di un popolo che ama Dio non è mai vana e porta frutti.
Fonte: Il Timone, aprile 2015
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