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Si può leggere come una simpatica favola che ha per protagonisti gli animali... anche se la conclusione immerge in un deluso sconcerto; ma una lettura più attenta rivela una realtà molto amara. L'utopia rivoluzionaria si manifesta via via sempre più come negazione della libertà, il cui desiderio innato e spesso non valutato alla luce della ragione, spinge talvolta alle rivoluzioni violente.
Il luogo in cui si svolgono i fatti è "la fattoria padronale" del Signor Jones immersa nel verde dei prati di Inghilterra e la vicenda ha il suo avvio con il discorso del maiale più anziano della fattoria.
"Il Vecchio Maggiore" (così si chiama il maiale) parla in modo esaltante del glorioso futuro di libertà che aspetta gli animali se saranno capaci di scuotersi di dosso la gestione tirannica del loro crudele padrone e, comunque, se si libereranno dagli uomini che sanno solo sfruttarli. Il vecchio verro di dodici anni conclude con quello che per lungo tempo resterà l'inno della rivoluzione "Animali d'Inghilterra".
Di lì a poco "Il Vecchio Maggiore" muore, ma le sue parole restano nel cuore degli animali. In modo fortunoso il signor Jones viene scacciato e la nuova gestione della "fattoria" viene presa in mano dal gruppo dei maiali, che, essendo i più intelligenti della compagnia, elaborano velocemente la teoria dell'Animalismo che si concretizza in sette comandamenti scritti a grandi lettere bianche su un muro della fattoria, che viene ribattezzata "la fattoria degli animali".
Comincia così l'avventura rivoluzionaria che coinvolge quasi tutti gli animali in un commovente impegno di fedeltà al nuovo credo rivoluzionario.
Ognuno reagisce naturalmente secondo il suo temperamento e scopriamo il sornione gatto che, in clima di uguaglianza e di rispetto reciproco tra animali, vorrebbe arringare gli uccellini (chissà come mai!); o la vanitosa cavallina Mollie che con difficoltà deve rinunciare ai nastri che la abbelliscono perché sono assimilabili agli abiti portati dagli uomini; o il cocciuto e enigmatico asino Benjanin e il valoroso lavoratore indefesso, il cavallo Gondrano; o Berta, la cavalla sua fedele amica.
Tra tutti si distinguono però i maiali Napoleon, Palla di Neve, e Clarinetto.
Ben presto prende le redini della situazione il misterioso e autorevole Napoleon; Clarinetto ne diventa il portavoce ufficiale e si renderà interprete persuasivo e accattivante della sua volontà per tutta la durata dell'avventura rivoluzionaria; mentre Palla di Neve scompare, braccato da una muta di cani segretamente addestrati da Napoleon; e diverrà via via il responsabile di ogni nefandezza che si verifica nella fattoria, in un crescendo sempre più menzognero in concomitanza con il diminuire della memoria storica degli animali.
La vicenda rivela, a chi conosce per esperienza le dittature del secolo scorso, tutti i passaggi inesorabili che portano al fallimento degli ideali rivoluzionari, realizzato attraverso i metodi consueti delle menzogna presentata come verità, della storia continuamente rivisitata e modificata, dell'autodenuncia e dei processi farsa... ma tutto è presentato con molta gradualità e naturalezza e quasi sfugge ad una prima lettura, inconsapevole dell'epilogo.
L'aspetto più commovente della vicenda consiste senz'altro in questa ineliminabile aspirazione alla libertà che spinge gli animali a sacrifici veramente gravosi... e per la libertà vera si fa tutto, quando il cuore si mantiene fedele a questa insopprimibile esigenza.
Ma la vera libertà si può esercitare solo nella verità: sulla menzogna si può anche costruire, ma si tratta di castelli di carta che prima o poi crollano o mostrano il crudele disinganno; e per fortuna la coscienza degli animali (ma l'autore si riferisce naturalmente a noi uomini) conserva sempre un bagliore di autenticità che alla fine li rende capaci di capire.
Perché l'utopia propone sempre un obiettivo ingannevole e falso: l'illusione della libertà; che nel gradevole libro di Orwell ha il suo più amaro slogan nell'unico comandamento rimasto a caratteri cubitali: "Tutti gli animali sono uguali, ma alcuni animali sono più uguali degli altri".
Fonte: BastaBugie n.434 del 30 dicembre 2015
NON SI PUO' ESSERE LIBERI E UGUALI
In nome dell'uguaglianza inevitabilmente si toglierà la libertà
Quando i giacobini gridavano «libérté, égalité, fraternité», non consideravano una realtà di fondo: è impossibile conciliare la libertà con l'uguaglianza. E' un concetto che confligge con la natura umana. Se c'è libertà (di arricchirsi, di fare fortuna, di avere fortuna), non può esserci uguaglianza. C'è chi diventerà ricco, e c'è chi rimarrà povero.Fonte: BastaBugie n.637 del 6 novembre 2019
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