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Diversi alti ufficiali del Vaticano hanno assistito ad una proiezione privata del film 'La Passione' di Mel Gibson e ne sono rimasti entusiasti. Componenti della Segreteria di Stato del Vaticano, del Pontificio Concilio delle Comunicazioni Sociali, e della Congregazione per la Dottrina della Fede, il gruppo che supervisiona le questioni dottrinali cattoliche, hanno espresso unanime approvazione e apprezzamento del film. Quella che segue è un’intervista esclusiva di ZENIT ad uno degli spettatori, il Padre Domenicano Augustine Di Noia, sottosegretario della Congregazione per la Dottrina della Fede.
Padre Di Noia ha insegnato teologia a Washington D.C., per 20 anni e ha prestato servizio come teologo per la Conferenza Episcopale degli Stati Uniti prima di venire a lavorare per il cardinale Joseph Ratzinger presso la Congregazione dottrinale, poco più di un anno fa. Il film dovrebbe uscire nelle sale nel 2004.
'LA PASSIONE DEL CRISTO' DI MEL GIBSON HA FATTO NOTIZIA DA MESI, MOLTO PRIMA DEL PERIODO PREVISTO PER L’USCITA NELLE SALE. IN QUALITÀ DI SPETTATORE, QUAL È LA SUA IMPRESSIONE GLOBALE SUL FILM?
Guardare questo film, costituirà un’esperienza profondamente religiosa per molti. Per me lo è stata. Una cinematografia eccezionale e una recitazione altrettanto brillante, combinate con la profonda introspezione spirituale del regista sul significato teologico della passione e morte di Cristo: tutto ha contribuito ad una produzione di squisita sensibilità artistica e religiosa.
Chiunque veda questo film, credente o non credente, sarà costretto a confrontarsi con il mistero centrale della passione di Cristo e in definitiva con il Cristianesimo stesso: se questo è il rimedio, quale dovrà essere stato il male?
Il Curato d’Ars sostiene che nessuno possa avere cognizione di cosa Nostro Signore abbia sofferto per noi; per capirlo, dovremmo conoscere tutto il male causato dal peccato, e questo non lo potremo sapere fino al momento della nostra morte.
Solo come una grande opera d’arte può fare, il film di Mel Gibson ci aiuta a cogliere qualcosa che è quasi al di là della nostra comprensione.
All’inizio, nell’Orto del Getsemani, il diavolo tenta Cristo con la domanda inevitabile: come può qualcuno sopportare i peccati del mondo intero?
È troppo. Cristo quasi soccombe all’idea, ma poi prosegue con convinzione per portare avanti esattamente questo: per accogliere su di sé, secondo la volontà del Padre, i peccati del mondo intero. È davvero impressionante. Vi è un forte senso, presente per tutto il film, del dramma cosmico del quale siamo tutti parte. Non c’è possibilità di rimanere neutrali, e nessuno può semplicemente restare spettatore di questi eventi.
La posta in gioco è davvero molto alta: qualcosa che, a parte Cristo stesso, è intuita chiaramente solo da Maria sua madre e dal demonio sempre presente.
Gradualmente lo spettatore si unisce ai personaggi in una progressiva comprensione di questo, mentre che l’azione si sposta inesorabilmente dal Monte degli Ulivi verso il Monte Calvario.
IL FILM È FEDELE ALLA NARRAZIONE DELLA PASSIONE DI CRISTO DEL NUOVO TESTAMENTO?
Bisogna tener presente che vi sono quattro racconti della passione di Cristo nel Nuovo Testamento, che si concentrano soprattutto sul significato religioso degli eventi.
Nel 'La morte del Messia' (probabilmente il più completo ed equilibrato racconto della Passione) Padre Raymond Brown ha dimostrato che, pur essendovi alcune differenze tra i Vangeli, essi sono in generale sostanzialmente univoci.
Il film di Mel Gibson non è un documentario ma un’opera di artistica immaginazione.
Il regista ha incorporato elementi dalla Passione raccontata da Matteo, Marco, Luca e Giovanni, ma rimane fedele alla struttura fondamentale comune ai quattro Vangeli.
Entro i limiti possibili in una ricostruzione immaginifica della passione di Cristo, il film di Gibson e pienamente fedele al Nuovo Testamento.
CHE COSA L’HA COLPITA DI PIÙ RIGUARDO A QUESTO FILM?
Vuole una risposta semplice? Jim Caviezel e Maia Morgenstern. Il ruolo di Cristo deve essere uno dei più difficili ruoli da interpretare. Sono stato molto colpito dall’intensità con cui Caviezel ha rappresentato Cristo. Non è facile da ottenere senza manifestare una sorta di autocoscienza intrusiva. Caviezel, e sicuramente anche Gibson, comprendono che Gesù è il Figlio di Dio incarnato, ed è al contempo pienamente umano. Ripensando al film, mi pare che Caviezel ottiene questo principalmente mediante il suo sguardo, anche quando guarda direttamente noi e quelli che lo circondano con il suo occhio sano.
Caviezel rende, in modo pienamente convincente ed efficace, il Cristo che sopporta la passione e la morte volontariamente, in obbedienza al Padre suo, in riparazione della disobbedienza del peccato. Assistiamo a ciò che la Chiesa chiamerebbe la 'sofferenza volontaria' di Cristo.
Richiama le parole di San Paolo: 'Come per la disobbedienza di uno solo tutti sono stati costituiti peccatori, così anche per l’obbedienza di uno solo tutti saranno costituiti giusti' (Romani 5,19).
E non è solo questione di obbedienza, ma è principalmente questione di amore. Cristo compie tutto per amore al Padre - e a noi. Questo emerge tecnicamente in maniera lampante nell’eccezionale interpretazione di Cristo da parte di Jim Caviezel.
Ma la Maria di Maia Morgenstern è egualmente efficace. Mi ha ricordato qualcosa che Sant’Anselmo aveva detto in un’omelia sulla Madre Benedetta: Senza il Figlio di Dio, nulla potrebbe esistere; senza il Figlio di Maria, nulla potrebbe essere redento.
Ammirando l’interpretazione della Mrogenstern, si sente fortemente che Maria 'lascia andare' il suo Figlio affinché lui possa operare la salvezza, e unendosi alle sue sofferenze diventa la Madre di ogni redento.
ALCUNI HANNO SOSTENUTO CHE IL FILM È ECCESSIVAMENTE VIOLENTO. LEI CHE NE PENSA?
Più che violento direi che è brutale. Cristo è trattato in modo brutale dai soldati romani. Ma non vi è violenza gratuita. La sensibilità artistica all'opera è chiaramente più quella del Grünwald e del Caravaggio, piuttosto che quella del Beato Angelico o del Pinturrichio.
Stiamo parlando di un film, certamente, ma Gibson ha chiaramente subito l'influenza della raffigurazione delle sofferenze di Cristo della pittura Occidentale. Il corpo di Cristo estremamente malridotto (graficamente ritratto in questo film eccezionale) deve essere posto in questo contesto di artistica rappresentazione. Ciò che molti artisti meramente suggeriscono, Gibson ce lo vuole mostrare. Pienamente in linea con la Tradizione teologica cristiana, Gibson ci rappresenta il Figlio incarnato che è capace di sopportare ciò che una persona ordinaria non può: sia in termini fisici che di tormento mentale. Il corpo rovinato di Cristo deve essere contemplato con gli occhi del profeta Isaia che descrive il Servo sofferente sfigurato e irriconoscibile.
La bellezza fisica di Jim Caviezel serve ad accentuare l'impatto generale della progressiva deturpazione che Cristo subisce sotto i nostri occhi: con il terribile risultato che, come il Servo sofferente, 'Non ha apparenza né bellezza per attirare i nostri sguardi, non splendore per provare in lui diletto' (Isaia 53,2).
Richiede gli occhi della fede per vedere che lo sfiguramento del corpo di Cristo rappresenta lo sfiguramento spirituale e il disordine causato dal peccato.
La raffigurazione di Gibson del Cristo flagellato, dal quale molti spettatori potrebbero essere tentati di volgere via lo sguardo, presenta graficamente ciò che San Paolo disse nella seconda lettera ai Corinzi: 'Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo trattò da peccato in nostro favore, perché noi potessimo diventare per mezzo di lui giustizia di Dio' (5,21).
Quando guardiamo il corpo rovinato di Cristo in questo film capiamo cosa significa 'lo trattò da peccato'.
NEL CORSO DEGLI ANNI, MOLTI REGISTI SI SONO CIMENTATI CON FILM SU GESÙ O SULLA PASSIONE. RITIENE CHE IL FILM DI MEL GIBSON SIA PARTICOLARMENTE ORIGINALE?
Non sono un critico cinematografico. Saranno i critici a giudicare il film di Gibson e a confrontarlo con ad altre grandi descrizioni della vita e della passione di Cristo, quali quelle di Pasolini e di Zeffirelli. Come gli altri registi, Mel Gibson apporta la propria sensibilità artistica all'argomento, e in questo senso il film è assolutamente originale. Certamente, 'La passione del Cristo' è più intensamente incentrata sulla sofferenza e la morte di Cristo che la maggior parte di altri film del genere. Ma, come reazione iniziale, tre cose del film di Gibson mi colpiscono per essere alquanto particolari.
Una è la rappresentazione del diavolo, che libra sullo sfondo, e a volte in primo piano, come una costante e sinistra presenza minacciosa. Non mi viene in mente un altro film che abbia ottenuto questo effetto con tale drammatica efficacia.
Un altro elemento è la solitudine di Cristo: In qualche modo, anche se circondato dalle folle, il film mostra Gesù realmente da solo nel sostenere la terribile sofferenza.
Infine, la rappresentazione dell'Ultima cena con una serie di flashback inseriti nell'azione del film. Quando giace sul pavimento insanguinato dopo la flagellazione, Cristo guarda i piedi cosparsi di sangue di uno dei soldati e i film torna in modo significativo alla lavanda dei piedi durante l'Ultima cena.
Simili flashback nel corso della passione e crocifissione ci riportano allo spezzare del pane e al bere dal calice. Gli spettatori, attraverso gli occhi di Cristo, assistono alle parole: 'questo è il mio corpo' e 'questo è il mio sangue'. Il significato sacrificale e quindi eucaristico del Calvario è raffigurato mediante questi persistenti flashback.
Vi è una sensibilità cattolica molto efficace. Nella recente enciclica sull'Eucaristia, il Papa Giovanni Paolo II dice che Cristo ha istituito il memoriale della sua passione e della sua morte prima della sua sofferenza, anticipando il sacrificio della croce. Nell'immaginazione artistica di Mel Gibson, Cristo 'ricorda' l'Ultima cena anche mentre pone in essere il sacrificio che essa commemora.
Per molti cattolici che vedono queste immagini, la Messa non sarà più la stessa. In ogni caso, prescindendo da questioni di originalità, il film di Mel Gibson sarà indubbiamente annoverato tra i migliori.
IL FILM 'LA PASSIONE' INCOLPA QUALCUNO PER CIÒ CHE È SUCCESSO A CRISTO?
Questa è una domanda interessante e molto difficile. Ipotizziamo di porre la domanda a qualcuno che non abbia familiarità con racconti del Vangelo sulla passione. Se gli si chiede: 'Chi è il colpevole di ciò che è successo a Gesù?', dopo qualche riflessione egli risponderà: 'Beh, lo sono tutti, no?'. Questa risposta mi sembra quella esatta.
Guardando 'La Passione' strettamente dal punto di vista della rappresentazione cinematografica, ciò che succede nel film è che ciascuno dei personaggi principali contribuisce in qualche modo al destino di Gesù: Giuda lo tradisce; il Sinedrio lo accusa; i discepoli lo abbandonano; Pietro lo rinnega; Erode ci gioca; Pilato consente la sua condanna; la folla lo schernisce; i soldati romani lo flagellano, gli infliggono ogni sorta di dolore e infine lo crocifiggono; e il diavolo, in qualche modo, sta dietro a tutte queste azioni.
Tra tutti i personaggi principali della storia, solo quello di Maria è veramente senza colpa. Il film di Gibson rende molto bene questo aspetto dei racconti della Passione. Nessuna persona e nessun gruppo di per sé, indipendentemente dagli altri, è da considerare responsabile: lo sono tutti.
STA DICENDO CHE NESSUNO IN PARTICOLARE È RESPONSABILE DELLA PASSIONE E MORTE DI CRISTO?
Beh, ritengo di sì. Certamente dal punto di vista della rappresentazione cinematografica. Ma anche dal punto di vista teologico, Mel Gibson ha raffigurato in modo molto efficace questo elemento che è centrale nella visione cristiana della passione e morte di Cristo.
La storia racconta di come i peccati di tutte queste persone cospirano al verificarsi la passione e morte di Cristo, e quindi suggerisce la verità fondamentale per la quale siamo tutti responsabili. I loro peccati e i nostri peccati mandano Cristo sulla croce, e lui li prende su di sé volontariamente.
È per questo che costituisce una lettura seriamente erronea quella che vorrebbe assegnare la colpa a un personaggio o a un gruppo, o ancor più quella che cerca di esimere qualcuno dalla responsabilità. Il problema, in quest'ultimo caso, è che se non sono tra i colpevoli, come posso essere tra coloro che condividono i benefici della croce?
Torna alla mente un verso di un canto natalizio: 'As far as the curse extends, so far does his mercy flow' ('Nella misura in cui si estende il male, scaturisce anche la sua
grazia'). Dobbiamo renderci conto che i nostri peccati sono tra quelli che Cristo ha preso su di sé, in modo da essere ricompresi nella sua preghiera: 'Padre perdona loro perché non sanno quello che fanno'. Auguriamoci di non essere lasciati fuori da questa preghiera.
Il lettore cristiano è chiamato a trovare il proprio posto nell'ambito di questa raffigurazione della redenzione. Questo è chiaro nella lettura della Passione durante la liturgia cattolica della Settimana Santa, quando l'assemblea si accomuna alla folla che urla 'crocifiggilo'.
In modo paradossale la liturgia ci aiuta ad accogliere come preghiera queste grida altrimenti orrende. Naturalmente non 'desideriamo' letteralmente che Cristo soffra la crocifissione, ma sì vogliamo essere salvati dai nostri peccati. Dal punto di vista della fede, anche l'agghiacciante 'che il suo sangue ricada su di noi e sui nostri figli' deve essere compreso non come una maledizione ma come una preghiera.
Esattamente ciò di cui noi abbiamo bisogno, e che la folla radunata davanti a Pilato inconsciamente chiedeva, è di essere 'lavati nel Sangue dell'Agnello', come esprime l'Apocalisse.
VI È STATA MOLTA POLEMICA SUL PRESUNTO ANTISEMITISMO O ANTIGIUDAISMO DEL FILM. PUÒ CONDIVIDERE IL SUO PENSIERO AL RIGUARDO?
Parlando in qualità di teologo cattolico sarei portato a condannare antisemitismo o antigiudaismo in qualsiasi racconto della passione e morte di Cristo. Non solo per le terribili offese che sono già state inflitte al popolo ebreo, ma anche perché, come ho già accennato, questo rappresenta una lettura profondamente erronea dei racconti della passione.
Ma mi consenta di rispondere schiettamente alla sua domanda. Non vi è assolutamente nulla di antisemitico o antigiudaico nel film di Mel Gibson.
È deplorevole che persone che non hanno visto il film, ma che hanno solo visto alcune bozze del copione, abbiano dato adito all'accusa che il film 'La Passione del Cristo' fosse antisemita. Io sono convinto che una volta che il film sarà uscito e le persone abbiano avuto la possibilità di vederlo, l'accusa di antisemitismo semplicemente evaporerà.
Il film non esagera né minimizza il ruolo delle autorità giudaiche e dei procedimenti legali relativi alla condanna di Gesù. Ma proprio perché presenta un quadro complessivo di ciò che potrebbe definirsi il 'calcolo della colpa' nella passione e morte di Cristo, il film tenderebbe più a sopire l'antisemitismo negli spettatori, piuttosto che a fomentarlo.
Da un punto di vista teologico, ciò che è ancora più importante è che il film propone ciò che gli evangelisti e la Chiesa hanno sempre visto con chiarezza: ciò che Cristo esperienza nel cammino dal Getsemani al Golgota, e oltre, sarebbe totalmente incomprensibile se si prescindesse dall'Alleanza di Dio con Israele.
Il quadro concettuale è composto quasi interamente dalla storia e letteratura, dai profeti e gli eroi, dalle storie e le leggende, dai simboli, dai riti, dalle osservanze e in definitiva dall'intera cultura ebraica.
È questa cornice che rende intelligibile e esprimibile la necessità naturale per una soddisfazione e redenzione di fronte al peccato umano e la decisione amorevole di Dio di venire incontro a questa necessità.
Lungi dall'incitare all'antisemitismo o all'antigiudaismo, il film di Gibson porterà gli spettatori ad approfondire la loro comprensione di questo contesto indispensabile della passione e morte del Gesù di Nazaret, del Servo sofferente.
QUALE SARÀ L'IMPATTO DEL FILM?
Come è noto, nella storia cristiana, i fedeli sono stati incoraggiati a meditare sulla passione di Cristo. La spiritualità di ogni grande santo (vengono subito alla mente San Francesco, San Domenico, Santa Caterina da Siena) è stata marcata da una devozione alla passione di Cristo.
Perché? Perché hanno riconosciuto che non esiste via più sicura per far sgorgare dal cuore umano quell'amore capace di rispondere adeguatamente all'amore di Dio che ha dato il suo Figlio per noi.
Credo che il film di Mel Gibson muoverà le persone a questo tipo di amore. Il cuore dovrebbe essere di pietra per rimanere impassibile di fronte a questo film straordinario e dall'impenetrabile profondità dell'amore divino che esso tenta di rendere vivo sullo schermo.
Congregazione per la Dottrina della Fede
Fonte: Zenit, 8 dicembre 2003
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