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«Ho vissuto in Polonia l'occupazione nazista, la guerra, il regime comunista, l'affermarsi della libertà. Guardando i fatti della storia è sempre difficile separare colpevoli e innocenti, ma di una cosa sono certo: Lech Walesa è un indiscusso eroe dei nostri tempi. È stato il primo operaio a svolgere un ruolo determinante nella vita politica del nostro paese, che prima vedeva protagonisti solo intellettuali e aristocratici. Walesa ha capito che negoziare era meglio che ricattare e ha portato al successo l'intera Europa senza spargimenti di sangue». Ad affermarlo è il regista Andrzej Wajda, che ieri a Venezia ha presentato fuori concorso Walesa - Uomo della speranza , ritratto tra pubblico e privato del leader del sindacato Solidarnosc che ha capovolto l'ordine politico del dopoguerra europeo diventando simbolo della lotta per la democrazia. Dallo sciopero nel cantiere navale di Danzica nel 1970 all'elezione di Walesa alla Presidenza della Repubblica nel 1990, passando per l'introduzione della legge marziale in Polonia nel 1981 e l'assegnazione del Nobel per la Pace nel 1983 ritirato dalla moglie Danuta, il film ricostruisce la nascita della Nuova Europa utilizzando come griglia narrativa la celebre e profetica intervista che la giornalista Oriana Fallaci (interpretata da Maria Rosaria Omaggio), fece nel 1981 a un uomo tanto carismatico e coraggioso quanto controverso.
«Walesa è il soggetto più difficile con il quale ho avuto a che fare durante i miei 55 anni di carriera cinematografica. Ammiro Lech da quando l'ho incontrato durante le trattative tra Solidarnosc e la Commissione Governativa e sono rimasto subito impressionato dalla sua lungimiranza, dalla lucidità con la quale valutava ciò che stava accadendo. Realizzare L'uomo di ferro nel 1981, film che ottenne un enorme successo in Polonia e che a Cannes vinse la Palma d'Oro, ha creato un rapporto ancora più forte con il movimento. Vorrei che questo film attirasse soprattutto i giovani. Quelli di una volta si facevano crescere i baffi per assomigliare a Lech, quelli di oggi non hanno idea di chi sia Walesa, un buon esempio per convincerli a partecipare attivamente alla nostra vita politica».
Due scene nel film ci ricordano in modo particolare l'importanza che ebbe Karol Wojtyla nella lotta per la conquista della libertà: la famiglia Walesa in ginocchio davanti alle immagini televisive di papa Giovanni Paolo II in Polonia, nel 1979, visita che attirerà milioni di polacchi facendo crescere il ruolo della Chiesa Cattolica, e la firma delle trattative tra Solidarnosc, i comunisti e la Chiesa, firma per la quale Walesa utilizzò una grossa penna con le immagini del Santo Padre. «Solidarnosc non è stato il frutto delle conversazioni tra Walesa e Wojtyla, arrivato sulla scena quando il processo di rinnovamento era già in atto – spiega Wajda – ma la sua prima visita in Polonia dimostrò a tutti i cattolici polacchi che potevano sconfiggere la paura, che non avevano bisogno di alcun regime e che erano pronti per la libertà. Un evento che cambiò la mentalità dei miei connazionali e contribuì moltissimo al rafforzamento di Solidarnosc. In Wojtyla, che svolse un ruolo decisivo all'indomani dell'introduzione della legge marziale, il nostro paese aveva finalmente un rappresentante nel mondo molto più forte di qualunque politico a Mosca».
Maria Rosaria Omaggio, che sullo schermo fronteggia Walesa con pari carisma, aggiunge a proposito di Giovanni Paolo II: «Nulla mi ha spaventato nell'incarnare sullo schermo questa celebre giornalista, regina degli opposti. L'unico momento difficile è stato quando dovevo guardare una foto di Wojtyla vescovo esprimendo scetticismo e sfiducia: una scena che mi è costata una gran fatica visto l'amore che ho sempre provato per il futuro Pontefice».
Fonte: BastaBugie n.316 del 27 settembre 2013
DA VEDERE, MA CON RISERVA
Occasione persa per capire davvero cosa avvenne in quegli anni in PoloniaUn inno al coraggio, alla perseveranza, al genio di un semplice elettricista che alla domanda "Non ha paura di non essere la persona adatta?" risponde: "Perché io sono un uomo di fede e perché so che in questo momento c'è bisogno di uno come me" con una semplicità e determinazione spaventose.
Un inno alla concretezza e alla famiglia (6 figli e una coesione coniugale innegabile, una moglie forte e determinata quanto lui che regge la famiglia nelle mille volte che il marito non c'è ma sempre d'accordo con lui e che lo sostiene sempre... nonostante le discussioni).
Un inno al cattolicesimo senza nemmeno un discorso da "prete", ma ben presente in tutto il film con immagini e richieste di Messe durante gli scioperi e la prigionia.
Un film da vedere, ma con riserva, a causa dell'occasione persa per capire davvero cosa avvenne in quegli anni in Polonia, cioè che Walesa fu utilizzato al regime comunista per riciclarsi senza pagare per gli orrendi crimini di cui si era macchiato.
Infine dispiace anche per una inutile scena di nudo parziale che si poteva evitare. In aeroporto fanno spogliare la moglie, anche se si vede "solo" di schiena e fino ai fianchi.
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